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L'erba del Pelide

Achillea Millefolium. Il pelide Achille si serve di quest'erba per stagnare le ferite riportate in combattimento nella guerra di Troia, grazie all'insegnamento del suo maestro, il centauro Chirone.
 

Nei nomi dialettali italiani e stranieri ritroviamo traccia dell'antefatto mitico: Stagna sangue (Imperia) - erba di taj (Bologna) - erba de feridas (Cagliari) - erba tajera (Cuneo) - seignenez (Francia) - noosebleed (Inghilterra) e consimili espressioni danno un'idea di quanto sia radicato in tutta l'Europa l'uso del decotto di millefoglie (talora della pianta fresca semplicemente contusa e applicata sulle ferite) in caso di emoraggie di varia natura.
Ma non è finita: altri sinonimi, come per esempio erba femmina (Nuoro) - erba del marchese (Piacentino) - Jungfraukraut (Germania) « specializzano» l'utilizzo della pianta nei casi di dismenorrea, fiori bianchi etc.
Risulta evidente perciò che le «indicazioni terapeutiche» sembrano limitarsi alle proprietà emostatiche che, benché importanti, non sono certo le uniche. L’Achillea, così comune ma in fondo così poco nota, può trovare collocazioni ben più ampie e in questo senso non mancano testimonianze illustri di medici e farmacologi, specialmente europei. Non è iscritta nella Farmacopea in Italia, ma lo è in Austria, Romania, Russia, Portogallo, Svezia, Svizzera e Messico.
Presso gli stdiosi stranieri è apprezzata come eccitatore del ricambio e calmante, somministrato nelle gastro ed enteropatie, specie su base spastica (dispepsie, stipsi, colica, iperacidità, diarrea, gastriti, enteriti) nelle mala ttie dell' apparato urinario, nelle epato o colepatie, contro il catarro polmonare, le bronchiti, la tosse, l'artrite, i reumatismi, l'arteriosclerosi, la febbre malarica e influenzale, il diabete e l'asma.
Anche l'essenza fa la sua parte: distillata dalle sommità fiorite è utilizzata come eccitante nervino, tonico, aromatico. I componenti principali conosciuti sono: olio etereo 0,13-0,15% nella pianta intera secca (costituito da luvionene, cineolo, cariofillene, azulene ed ac. salicilico, viovalerianico, formico ed acetico), una sostanza resinosa amara, l'achilleina (isolata dal chimico Zanon nel 1853), inulina, mnucillagine e molto manganese (oltre 5 mg%). Interessante a questo proposito ci sembra notare che l'azulene contenuto nell'essenza di Achillea sembra molto affine al camazulene della camomilla, con azione antiflogistica degna di interesse particolare.

Ma vediamo cosa è stato detto di questa pianta nel corso dei secoli a partire da un'inedito erbario farmaceutico medioevale (ristampato da Maffei, Firenze, 1952). Alla voce Herba millefolii si trovano queste affermazioni: Certum et indubitabile remedium est vulneris (vulneraria); ... ad illos qui cibum retinere non possunt nec potum (anti-vomito); ... item ad medendum fidichum; ... item suchum miliolii bibitum retinet fluxum emoroydorum ne decurant (anti-emorroidale); ... item ad fluxum corporis (antidiarroico); ... item ad. dollorem dentium millefolium manduca (contro il mal di denti).
E il celebre Mattioli scrive (più o meno): “Dassi con utilità grande il succo del Millefoglio a bere negli sputi e vomiti di sangue e in tutte le rotture intrinseche delle vene, come ancora negli antichi flussi di mestrui e il medesimo fa la polvere dell'erba secca bevuta con acqua di piantaggine o di consolida maggiore. La medesima messa dentro nel naso vi stagna il flusso del sangue e mettesi con non poco giovamento insieme col succo della fresca nei clisteri che si fanno per la dissenteria. La fresca pesta e messa nelle parti più segrete delle donne e parimenti applicata in sul pettinecchio ristagna il flusso dei mestrui”.
Il dottor Culpeper nel suo Herbal Remedies (1640) dopo aver descritto brevemente la pianta che è «sotto il dominio di Venere » ne indica così gli usi: «È usata oggi dagli erboristi contro le febbri deboli ed intermittenti, perchè favorisce la traspirazione e apre i pori della pelle; possiede anche proprietà toniche e stimolanti, mantiene in forma e purifica il sangue».
L'abate Kneipp sosteneva (1893) tra l'altro: « ... il tè di achillea guarisce in poco tempo i mali di capo causati da mucosità o da sostanze acquose nella testa, le oppressioni di stomaco come pure i leggeri catarri del petto e dei polmoni ».
E Leclerc nel 1922 dopo aver ricordato l'origine mitologica dell'uso di questa pianta cita sia l’impiego contro i flussi emorroidali di Burnet e Trnka de Krzowitz, sia l’uso contro le metrorragie di Chomel, sia le affermazioni di F. Hoffmann che ne indicò l'utilità negli spasmi uterini, le flatulenze e i crampi gastrici delle «femmes nerveuses ».

Frattola nel 1940 scrive: “Dell'achillea si adoperano le sommità fiorite e le foglie che possiedono sorprendente azione cicatrizzante. Non a torto fu chiamata « vulnèraria ». Basta schiacciarla un poco ed applicarla sopra un piccolo taglio o ferita perchè l'emissione del sangue si arresti immediatamente. Per curare lesioni più profonde si lava accuratamente la parte con infuso di sommità fiorite e foglie, ottenuto con acqua bollente, nella dose del 10%. L'erba macerata che rimane da questo infuso si applica sulla ferita dopo la lavatura per accelerarne la cicatrizzazione. La radice masticata calma il dolore di denti. Allo scopo di eliminare il disturbo delle emorroidi si beve lo stesso infuso nella quantità di tre o quattro bicchieri al giorno fuori pasto. Questo benefico medicamento è anche antinevralgico, antisterico, antispasmodico e stomatico. Calma le dolorose coliche di stomaco ed è utile nella stentata digestione detta dispepsia. È usato con vantaggio nelle elevate febbri del morbillo, della scarlattina, della varicella, di altre eruzioni cutanee e se ne fanno con successo gargarismi nelle infiammazioni di gola”.
 

Nel 1950, la ristampa del libro di Mons. Antonelli, riveduta e corretta dal Prof. Faure così ne indica le proprietà:
“Questa pianta grandemente usata dai medici dei tempi più antichi fino ad oggi, ha molta importanza. Ha azione astringente, vulneraria, detersiva, si usa perciò per arrestare qualsiasi emorragia interna od esterna, usandola in decotto, o in infuso o applicata pestata sui tagli, sulle ferite, sulle piaghe; è utilissima nella leucorrea, deterge ottimamente le ulcere interne; come astringente arresta la diarree, le dissenterie e toglie l'incontinenza di urine, mettendone un piccolo pugno nel brodo o prendendone il thè (Chornel). È utilizzata con successo nelle febbri eruttive, nelle mestruazioni difficili e dolorose”.

Molti medici la trovarono assai utile in tutte le eruzioni esantematiche. Il Richard cominciò (verso la metà del secolo scorso) ad usarla in una epidemia di morbillo, la quale sotto avverse influenze atmosferiche aveva acquistato carattere pernicioso, con effiorescenza difficile, vomito, tosse, convulsioni. Ne dava l'infuso per bevanda e per clistere, ravvolgeva i bambini in pannolini imbevuti dello stesso decotto e sempre col migliore successo. Poi la provò in una malattia ancora più grave, in una epidemia scarlattinosa, accompagnata da angina acuta, da febbre intensa con delirio e da tutti i fenomeni annuncianti il maggior pericolo, ed anche in questa ne ebbe buon risultato .
Il Teissier, nel 1857, con numerose esperienze dimostrò la sua azione antiemorroidaria e ne ottenne splendidi risultati. Il Dott. Cazin ne confermò, con molti casi, questa azione.
Fino a pochi anni fa, nel Bellunese, l’achillea era di uso comune contro le febbri intermittenti, raccomandata già in queste da Ferrein e Nordmand. Il dottor Puppi la sperimentò in molti casi con vantaggio, cominciando da sé stesso.
Per uso esterno è utilissima nei tagli, nelle piaghe, nelle contusioni e nelle ulcere, che dispone a pronta cicatrizzazione, sotto forma di infuso acquoso o vinoso o di sugo fresco.
Il Dupuy le prescrive particolarmente nelle cardialgie, nelle coliche ventose o spasmodiche, nelle emorragie passive, nelle affezioni reumatiche, calcolose, e la dice vulneraria del più alto valore.
L'Ulsamer indica più analiticamente le malattie in cui è, in modo particolare, indicata; è usata, egli dice, tutta la pianta contro i flussi di sangue o i flussi mucosi accidentali, contro l'ipocondria, le debolezze di stomaco e altri disturbi provenienti da debolezza, nelle congestioni con palpitazione di cuore, in tutti i disturbi provenienti dal sistema della vena porta e in tutte le piaghe di cattiva natura.

Si usa in infuso, versando sopra da 15 a 30 grammi per mezzo litro / tre quarti d’acqua bollente, facendo riposare per almeno mezz’ora. Si beve più volte al giorno a piccole tazze.
Il decotto, usato in lavande, è prezioso contro la tigna e la scabbia. Per lo stesso scopo si prepara anche una specie di unguento fatto con due parti di grasso o sugna e una parte di radice di millefoglio, ridotta in piccoli frammenti.
In certi luoghi le foglie giovani, raccolte in primavera, si mangiano cotte con le minestre, come depurative, o crude in insalata.

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